Accettai tutto con dei grazie e mi lasciai condurre di sopra da un secondino che mi aperse e mi chiuse in una stanza.
Delle cimici che divoravano il soffitto, annerivano le pareti e muovevano il pagliericcio, ho già parlato.
ANNA KULISCIOFF
È una donna nuova. Imbevuta di idee proibite, uscì dalla società dello zar come una rivoltosa che non ha paura di stroncare i legami che la legano al mondo pieno di pregiudizi e di ingiustizie. Fortificata dall'esempio delle nichiliste delle classi superiori del suo tempo, le quali abbandonavano la casa patema come le mogli del teatro di Ibsen abbandonano la casa maritale, Anna Kuliscioff, consumato il periodo della propaganda pratica per la campagna russa, si avviò verso l'esilio, con l'anima piena di negazioni, con la fede nell'avvenire, determinata a compiere la sua evoluzione intellettuale in mezzo alla gente latina in lotta per la rigenerazione sociale.
La Kuliscioff è stata la prima nichilista che ho conosciuto. Le venni presentato da Benoit Malon, a Lugano, quando il comunardo scriveva, se mi ricordo bene, la Revue Socialiste, l'organo massimo, in allora, delle alte intelligenze dell' emigrazione rivoluzionaria.
La Kuliscioff poteva essere intorno ai venti anni. Mi parve una vergine slava. Con una testa da madonna, con la carnagione bianca imporporata di salute, con le trecce lunghe, di un biondo luminoso, per le spalle, mi faceva pensare alle donne graziose dei preraffaelliti che in quei giorni ammiravo come uno narcotizzato dai loro colori.
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