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      La preparazione alla vita carceraria, nell'isolamento senza interruzione, vi ha resi più sensibili.
      La caduta di un fazzoletto vi fa trasalire come il chiavone che entri nella toppa. Ci sono momenti in cui vi pare di poter sentire le pulsazioni del cuore degli individui che abitano ai fianchi della vostra abitazione. L'udito vi si raffina in un modo che nessuna zampa di gatto può avvicinarsi all'uscio a vostra insaputa. A furia di ascoltare le pedate dell'individuo che vi passeggia sulla testa, siete in grado di distinguere il suo stato d'animo, di indovinare quando il suo pensiero è tranquillo o rassegnato o quand'esso è sottosopra o imperversa per il suo cervello come una tempesta.
      Un addio sommesso, uscito da una di quelle buche che chiamano finestre, vi giunge all'orecchio con tutti i larghi della voce squillante e sonora. L'alito diventa, per il recluso, un suono; che va giù a remigarvi nell'anima come un notturno tenero ed elegiaco di Chopin.
      Dotati di questa percezione, voi sentite nell'aria la voce di un sepolto come un'armonia lamentosa uscita da un organo toccato da una mano raffinata. È lui che chiama in aiuto la vostra "colomba", perché ha bisogno di sapere o di comunicarvi una notizia, perché i crampi del suo stomaco lo obbligano a cercarvi un tozzo della vostra pagnotta, perché ha una voglia matta di accendere la pipa o il sigaro, o perché desidera farvi leggere un giornale che gli è riuscito di avere per la via della via.
      La "colomba" è una funicella o un attorcigliamento di stracci, di striscie di fazzoletti o di camicie, o di liste di lana o di panno sfilacciate.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





Chopin