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      Nel salone dei Giardini Pubblici, ove aveva finito di parlare Cavallotti sulle elezioni generali, non appena il redattore capo del Fascio si permise di domandare la parola, si sentirono voci spaventevoli.
      - Fuori le spie! fuori le spie!
      Chi erano le spie? I redattori del Fascio. Ma l'indiziato era Costantino Lazzari. Tanto è vero che nel questionario, che invitava Cavallotti a dare "risposte categoriche in nome della verità e della giustizia", c'era questa interrogazione:
      - È giusto paragonare il compagno Lazzari ad un agente di polizia?
      Cavallotti non volle mai smentire l'accusa e non volle mai dire pubblicamente su quale documento era basata, Ma tutti gli amici dell'autore di Anticaglie sapevano e sanno che l'accusa era basta su una ricevuta di cinquecento lire, firmata da Costantino Lazzari, nelle mani di Nicotera, ministro dell'interno. Chiunque di noi l'avesse veduta senza cercare altro, non avrebbe potuto venire ad altra conclusione. Cioè che Costantino Lazzari non aveva schifo dei fondi segreti. Ma la cosa non è così. E ne parlo appunto per distruggere una calunnia che perseguita Lazzari da parecchi anni. Non lo si può dire prudente, questo no. Prendere del danaro per un partito senza domandare da che parte venga, con la scusa che il denaro non ha "odore", è un po' arrischiato. Ma in verità Costantino Lazzari entrò come un sorcio nella trappola. Non sapeva del tranello. Gli si esibirono cinquecento lire per il partito in un momento elettorale, le prese, e le consegnò intatte al partito senza curarsi d'altro.


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I cannoni di Bava Beccaris
di Paolo Valera
pagine 302

   





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