Nella stessa tabella si nota che la donna subisce gli stessi rigori. A.L., di Palermo, entrata nella casa di pena a 38 anni, con una condanna di vent'anni per omicidio, è uscita dopo una pena di diciotto di lavori forzati. Che tigri!
Aggiungo che la liberazione dei condannati non dovrebbe mai essere lasciata all'arbitrio del direttore - il quale è, novantanove volte su cento, parziale e crudele.
Non so se dipende dalla dieta. Ma con una dieta scellerata e insufficiente ho perduto persino la voglia di leggere. In un mese non sono riuscito a rileggere il primo volume dei dieci anni di Louis Blanc. Sbadiglio spesso, e spesso, dopo una specie di torsione alla regione epigastrica, mi istupidisco in un sopore che mi spaventa. I miei amici di camerata mi dicono che mangio troppo poco e che butto via troppo sovente la minestra. Non so che farci. È una minestra che mi ripugna e che non so ingoiare né asciutta né col brodo. Ci sono dei cani liberi che la lascerebbero nella scodella. Ho notato una certa sonnolenza anche negli altri. Più di una volta ho veduto Federici fermarsi sulla pagina, coi gomiti sul tavolo e la faccia nelle palme. Alle undici antimeridiane d'ieri ho sorpreso don Davide che dormigliava sul breviario. Anche Lazzari subisce la stessa legge di prostrazione. Rimane assopito per delle ore. Forse è perché egli legge troppo di notte. In Chiesi ho notato che la sua respirazione notturna è diventata più rantolosa.
Ci hanno portato di sopra delle lettere piene di cancellature. A noi che abbiamo il limone per disseppellire le parole dai neracci del direttore, importa poco.
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