Vinse l'aria libera. Uscimmo e fummo contenti. La gente sostava sulle botteghe, i ragazzi ci correvano dietro, i passanti si fermavano a vederci, alcuni commentavano, ma noi passavamo senza darcene pensiero. Ormai ci avevamo fatto il callo. - Chi ci conosce ci conosce e chi non ci conosce felice notte.
Giunti alla sede dei carabinieri ci si chiuse in uno stambugio buio più di una cantina, esalante la mefite. Incominciavamo a dolerci di non essere rimasti in gabbia.
- Piuttosto che mangiare in questo luogo, preferisco la fame.
- Anch'io. Ma vedrai che non saranno tanto cani.
Stavano a farci preparare la tavola.
Facemmo colazione nella loro cucina, la quale aveva una larga apertura verso il cortile. Mangiammo due ossi buchi indimenticabili. Erano eccellenti. Bevemmo del vino eccellentissimo, e facemmo scomparire un pezzo di formaggio di gorgonzola bianco e un'alzata di uva e pesche saporitissime.
- Vogliono anche il caffè?
- Vada per il caffè!
- La Cassazione ha parlato e può darsi che questa sia l'ultima colazione dell'uomo libero.
- Non pensiamoci. Ce ne sono tanti in galera e non sono morti.
I carabinieri dicevano anche loro che la bestia non era poi così brutta come la si dipinge.
- E poi loro! ci si diceva. Usciranno più presto di quello che credono. C'è tanta agitazione per il paese.
- Sembra che non ci siamo che noi in prigione!
Il maresciallo della caserma era un uomo tarchiato, con una faccia grossa e grassa da bonaccione.
- Li condurrò alla stazione in carrozza per non farli passare traverso la folla.
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Cassazione
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