Copiava danzatrici, madonne, bimbi, uomini illustri, donne celebri, quello che trovava nelle riviste e nei libri illustrati. Con la tenacia del volere è potere, dell'uomo che vuoi riuscire ad ogni costo, la sua matita faceva progressi meravigliosi. Le sue figure prendevano forma, diventavano vive, assumevano la grazia dell'arte.
- Perché non smetti di fare il commesso viaggiatore e non ti dai interamente al lapis che ti serve così bene e che ti darebbe una vita meno stentata?
Perché era troppo tardi, perché non aveva fantasia, perché l'artista, per essere tale, non deve essere tormentato dai bisogni urgenti della vita, perché altri lo precedevano di parecchie miglia.
Non so s'egli abbia continuato e se continui. So che, se all'abilità del disegno egli potesse aggiungere la sollecitudine, potrebbe diventare un giornalista che illustra i suoi e gli articoli degli altri. Egli non è l'ultimo dei ritrattisti. Ha disegnato un don Davide seduto, vestito da galeotto, il quale resterà il suo capolavoro di Finalborgo. Ci ha dato una mezza figura di Chiesi mirabile e un Suzzani intiero, con la gamella in mano, che non dimenticherò facilmente. Ma io sciupo le parole come il padre di Cellini che voleva fare del figlio un suonatore di flauto e di cornetta. Cellini lo contentava di tanto in tanto, con qualche pifferata. Ma continuava per la sua strada a cesellare. Così sarà di Costantino. Egli diventerà tutto fuorché un artista.
Le ore della sera erano le più tranquille. Si passava come dall'inferno al paradiso.
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