Addio.
CARISSIMO ARTURO,
Non era più possibile. Anche le volontà di ferro si frangono dinanzi all'impotenza fisica e materiale. Io era stremato di tutto. Continuavo a prostrarmi nelle disillusioni e negli eterni va e vieni ingoiando amarezze e amarezze. Che fare? Mi presentai agli uffici di collocamento - vere fogne sociali ove la miseria ha ancora il pudore di lasciarsi truffare. Ma d'altronde, quando ci si trova soli in questa incommensurata caldaia e non si ha il coraggio di battere a tutti gli usci, di passare di casa in casa, bisogna di necessità ricorrere a quella canaglia che non ci registra tra i concorrenti se prima non abbiamo pagato la tassa d'iscrizione. I più sprecano i denari. Ma io mi sono fatto iscrivere dappertutto e dappertutto m'ebbi promesse da ringiovanirmi. Tuttavia, sapendo con quali sanguisughe avevo a che fare, ho aggiunto carne alla carne esibendo loro la prima mesata di stipendio. Baie, mio caro. Sono passati due mesi. E non accusarmi di poltroneggiare. Tutte le mattine, alle nove incominciavo il giro. Entravo, sedevo sulle panche dove altri emaciati dalla fame pisolavano sulla nuova cucina che non veniva mai, me ne stavo lì per un quarto d'ora, per una mezz'ora, aspettando il momento opportuno per farmi alla scrivania a domandare con voce lagrimosa: e così? "Lasciatevi vedere domani." Domani, domani, sempre domani. E all'indomani mi trovavo corbellato come gli avventori che leggono sulle pareti dei trattori "domani si fa credenza." La bugia che feconda la bugia inchiodandoti sulla bugia.
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