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      A scuola, quando il destino mi dava in mano un pitale! Arturo, era il mio mondo che nabissava con me, l'avvenire che andava giù rotolato lentamente dalla villania d'un piede. Mi risollevai spossato ma calmo. Avevo però sete. Un'arsura in gola, un secco sulla lingua, un fuoco nello stomaco. Trangugiai d'un fiato un bicchier d'acqua che mi trasmise il freddo per la schiena. Mi pareva d'essermi sgravato d'un gran peso. Le ubbìe se ne erano andate travolte colle lagrime. Presi coperte e lenzuola, picchiai cuscino contro cuscino, rovesciai su sè stesso il materazzo, lo riaddattai, lo ricopersi e il letto era fatto. Che c'era di male in fin dei conti? Pensavo cha uomini illustri si erano acconciati a fare lo spaccalegna, a girare la ruota come il cavallo cieco, a spazzare le vie, a strebbiare il rame... Pure, quando m'ebbi il secchiello in mano, ricaddi sulla sedia e nel pianto. Una passione intensa che riboccava mio malgrado. Dovevo sfidare gli occhi della portinaia, le risa di qualche fanciulla, le beffe di qualche domestico. Via, era troppo! Disfatto, molle, pieno di malessere, scesi a balzelloni, pompai a precipizio e risalii sempre come uno smemorato che non vedeva che un grande macchione nero. Meno male che la latrina era in casa. Riassettai, spolverai, risciaquai con una certa cura e con una certa fretta. Lo crederesti? M'assalirono dei timori. Sarà egli contento, non lo sarà? Misi la candela e gli zolfanelli e felice notte. Fu questa la mia prima giornata di lavoro - una giornata che porto col pesante fardello delle brusche giornate.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237