E in casa! Mi piacerebbe vedere i loro appartamentini. Catapecchie e miseria. Querele tra moglie e marito e vagiti o pianti dei parassiti che crescono. Belle seduzioni. No, no, che il cielo mi scampi dalle agiatezze ufficiali. Occhieggia invece gli operai. Non hanno esigenze e si trovano bene dappertutto. Sdigiunano nostranamente al sole, seduti in terra, colle maniche rimboccate e il petto aperto, ma di gusto. Mettono appetito. All'officina, s'irrobustiscono tanto che digerirebbero il granito. Affezioni di petto, nevrosi, emicranie, fiacchite non sono da loro conosciute. Ritornano in seno alle loro famiglie stracchi morti, mangiano un boccale di minestra in quattro cucchiaiate e a letto. Non hanno pensieri per la testa, non hanno gli stimoli della gente raffinata, non ambiscono nulla. Alla festa un po' di baldoria. Del manzo inchiodaiolato di spicchi d'aglio, qualche pinta di vino e che la vada! Non ti parlo delle allegrie che godono in compagnia delle loro donne, nelle osterie suburbane. Sono ritrovi speciali ove ciascheduno si trova al proprio posto e gusta il riposo del settimo giorno.
Dal mio sfogliazzo.
Che tempo ladro! Nevica, nevica, nevica. Ne vedo i batuffoli calare a piombo, sospendersi, precipitarsi, ingarbugliarsi, azzuffarsi per ritornare perpendicolarmente lunghi dal cielo alla terra. La sento gravitare sulle ardesie della mia soffitta piena di una malavoglia nebbiosa. Me la sento sulla testa, sulle spalle, nei piedi. Come godeva quand'ero piccino. M'avvoltolavo nel candido lenzuolo, m'infarinavo, battagliavo secolei e me ne faceva delle pallottole cha scaraventavo sui paesani che scorgeva qua e là dispersi nel polverìo bianco.
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