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      Lo ama con un'ascensione che rasenta il delirio. Maria non vede che lui, non sogna che lui e non trema che davanti a lui. Una sera in cui l'amico manca all'appuntamento, essa scrive sul memoriale: "Mio Fernando, mio buon Fernando, perchè non sei venato e perchè non sei qui, ai miei piedi, a parlarmi di te, e del bene che ci vogliamo? O che non sai forse, ch'io non posso più vivere senza le tue carezze, senza i tuoi baci, senza i tuoi occhi, senza la tua voce che mi ripete sempre e poi sempre la stessa parola: ti adoro? Non è per te che da parecchi mesi fuggo i teneri abbracci della mia povera mamma che amo più di me stessa, non è per te che la inganno ogni ora, ogni minuto, non è per te che mi sono data volontariamente al disonore? Col tuo amore, al tuo braccio, sul tuo seno, io mi sento capace di sfidare il mondo e le sue ipocrisie. Senza di te invece, non sono più che un tronco stroncato dalla bufera. O mio Fernando, o mio Fernando, come è desolante la solitudine!..."
      E questa, o signori, è la ragazza che il P. M. chiama un mostro! E fosse pur tale, chi lo ha generato? Io cerco un reo. È la società, è l'ambiente? In alto, in alto dobbiamo salire per trovare il complice, anzi l'autore.
      Voi sapete già come avvenne la catastrofe. Un bel giorno il nostro bellimbusto, che aveva, nè piú nè meno, considerato Maria un oggetto di consumazione, scompare per non farsi più vivo.
      Ve la figurate, per usare una frase favorita dal mio egregio avversario, questa quindicenne quasi madre, sola, colla rovina nel cuore e nel cervello, senza un conforto, senza un'anima cui confidare il segreto che cela nel seno, col pancino ingrossato, che sale a spaventarla, a surrecitarla, a rubarle la pace e il sonno?


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





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