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      Forse che ti dispiace appartenere al mio sesso fino a domani? Domani ci penseremo... E intanto che mi diceva questo, colla scarpa incantonava tutto me stesso, vale a dire i miei indumenti.
      Mangiammo del formaggio, del salame, del pane e bevemmo una bottiglia di vino - anzi bevei - poichè dessa non faceva che mescere nel mio bicchiere colla solita imperiosità del linguaggio: bevi!
      Il nostro dialogo riuscì molto asciutto e un pochino anche malinconico. Rina con una delicatezza che non possono capire che coloro che hanno dormito sul granito, mi metteva in bocca le risposte. Di modo che io non avevo da dire che dei sì e dei no, e talvolta niente, poichè il silenzio negava o affermava.
      Immagazzinata quel pastone di roba malamente masticata, mi sentii una voglia inesorabile di dormire. Lo stomaco sdruscito, sorpreso da quell'abbondanza inaspettata, piegava un zinzino come il convalescente uscito dall'ospedale.
      Alla mattina a ora tarda, mi risvegliai sur un materasso disteso sui mattoni. Mi sgarbugliavo gli occhi per spiegarmi quella rivoluzione nella mia vita di senzacasa, quando lì per lì, udii o mi parve di udire quattro piedi che viaggiavano verso l'uscio. Mi trovai, un momento dopo, Rina, davanti al mio letto come una statua che contempla l'opera sua.
      - Rina, non era qui qualcuno?
      Arcuò come un compasso, mi baciò la fronte stringendomi le spalle e ritornò nella sua stanza.
      Cercai allora di alzarmi, ma non mi fu possibile. Le gambe stracche, il corpo morto, le braccia pesantemente adagiate, il pensiero indolenzito, mi trattenevano giù inchiodato.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





Rina