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      Mi riaddormentai per non so quante ore.
      - Rina? Rina?
      Nessuno. I miei occhi ammattivano in cerca di lei, ma non vedevano che buio pesto. Era dunque notte?
      - Rina! Rina!.... Rina! Rina! Rina!
      Preso da indicibile paura, replicai colle stessa fretta cinque o sei volte il suo nome senza che nessuno si facesse sentire. O dunque dove era andata? Un po' piangendo, un po' nascondendomi sotto la coltre, un po' dibattendomi coi fantasmi che popolavano il mio letto, riuscii a due desideri: se avessi uno zolfanello? Se sapessi da qual parte č la finestra? Rina! Rina! Rina! Con questa ultima urlata fui vinto, Spossato dalla fame, affranto dal pianto, ricaddi nella sonnolenza - in quella sonnolenza vaga che non č nč la veglia nč il sonno - poichč non vi lascia la forza di ripiegare le palpebre e non vi permette di dormire.
      Non mi alzai che all'indomani alle cinque - quando il giorno era giā alto.
      Rina non era rientrata. Il suo letto era lė intatto, la sua veste veniva gių allungata dall'attaccapanni, le sue babbuccie erano in terra vuote di piedi. Quantunque solo, il sole che inondava liberamente il cielo, mi metteva della vita nei pensieri. Per un momento io non pensavo pių che alla natura, all'azzurreggiatura di quel panorama che io aveva visto tante volte dalle colline del mio paesuccio senza saziarmi mai.
      Risospinto verso Dio, cogli occhi immersi nello spazio il mio pensiero pregava. Come sei buono, o signore! E quanto siamo piccini noi davanti alla tua onnipotenza, quanto miserabili davanti alla magnanimitā dei tuoi perdoni!


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





Spossato Dio