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      Subaffittuario, così per dire, poichè lui non era che incaricato di riscuotere gli affitti(1).
      Un bel tipo del resto. Alto, con due mustacchi lunghi che attorcigliava continuamente e una pipa boema a fiori che non toglieva dalla bocca se non per mangiare.
      Viveva solo e ostentava una rigidezza croata. Non parlava che difficilmente coi "sudditi" rispondeva al saluto - anche quando gli si diceva: "reverissi, sior Piero." E se diceva qualcosa, lo diceva in tono così brusco e in termini così imperativi, da far scappare la voglia un'altra volta. Secondo lui, "la confidenza fa perdere la riverenza."
      Alla domenica, appena spuntava il giorno, incominciava il giro col libretto in mano e la lunga borsa di frustagno.
      Era il suo grande lavoro - la giornata più trepida delle sue settimane. Si fermava sugli usci, domandava meccanicamente e militarmente il nome e cognome dell'intestato o dell'intestata, riceveva, registrava e passava. Guai agli usci chiusi. Si voltava addirittura col calcagno: pun! pun! senza pietà pei poveretti che dormivano. "Poltronacci!" Guai a coloro che gli si facevano innanzi a mani vuote. Qui non voleva scuse. Montava su tutte te furie e se ne andava suggellando lo sdegno con una frase invariabile: lassee stà de ciappà la ciocca o porchi de strascioni! Ma se tu lo solleticavi istigandolo a parlarti delle sua imprese militaresche, gli vedevi spianarsi la fronte come un mare che ridiventava calmo. Una volta, trovandomi vicino a lui, lo salutai con un fare, direi quasi, di protezione.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





Piero Guai