- Come la va, il nostro veterano.
Mi portò fuori la scranna e mi fece sedere.
- Grazie.
Aspirò larghe boccate di fumo, le buttò via con una soffiata e mi guardò in faccia.
- Quanti anni hai, sbarbatello?
- Quasi sedici.
- Li ho avuti anch'io. Bella età, ma hai ancora da mangiarne della polenta.
- Lo credo.
Mi guardò, seguì coll'occhio la nuvolaglia che faceva uscire dalla canna ciliegia della sua diletta "Grisa," mise la mano sul mio ginocchio scuotendomelo fortemente e con un sospiro che pareva gli venisse su dai profondi recessi del ventre, mi disse:
- Sai, alla tua età io era già caporale.
- Caporale! Sono dunque davanti a un generale? gli domandai simulando la celia e alzandomi di scatto in piedi.
- No, mio buon ragazzo, rispose egli tergendosi la fronte imperlata di sudore. Tu non sei che davanti a un caporale!
Pareva gli si staccasse lo stomaco. In questa frase, che doveva racchiudere parte della sua storia, ci mise tutta la commozione che gli permetteva la sua voce brontolona.
- E perchè?
- Perchè? Perchè non ho mai saputo imparare una parola di "taliano" e di tedesco.
- Possibile! Ma che cosa scrivete alla domenica quando avete il lapis tra le dita?
- Delle cifre. Mi sono abituato a vedere negli inquilini tanti numeri. So appena scarabocchiarli. Ma non c'e dubbio, sapete, che me ne sfugga uno. Io li ho qui tutti. E in così dire puntava un dito alla fronte.
- A sedici anni avevate tempo da imparare.
- Mein herr cap....
- Parlate anche il tedesco?
- Come si fa a non sapere mein herr, quando si è stati a Víenna?
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Víenna
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