- Vedrai che non sarà nulla.
- Siamo le settembre, nevvero? Arrivederci alla caduta delle foglie....
Comandai un altro mezzo litro, gridando forte.
- O senti, Nando, se si mangiasse un paio di stracchini di Montavecchia coll'olio e col pepe.
Mi fece segno con la mano che non ne aveva voglia. Ma io non desistetti. Li conciai ben bene in un bicchierotto dl linosa, ruppi colle mani la mezza libbra di pane e gli dissi bruscamente, come se io fossi stata Rina:
- Mangia.
Mangiammo e bevemmo senza curarci d'altro.
Alle undici si usciva all'aria aperta. La brezzolina, per noi che avevamo del vino in sacca, ci faceva piacere. Par allungarla, girammo dalla parte di piazza Castello e ritornammo, braccio sotto braccio, dal naviglio. Avevamo una voce discreta e ci mettemmo a cantare non so quale canzone in voga. A due passi dal ponte, Nando tosś per due minuti piegandosi sul ventre e ributtando col vino una pozza di sangue.
Le foglie cadevano e si spargevano per tutta piazza Castello e Nando moriva nella sala s. Giuseppe all'Ospedale.
- E Gigia? - Questo fiore negletto che aveva aperto i calici per bere la rugiada e darci i profumi, moriva trasparente, diafana - là sul letto della carità cittadina, due mesi dopo: morta etica, come il padre, come la madre, come il fratello. Quale strage!
Io non so se lungo questa moria ho avuto tempo di piangere. Ma ora che li ho desumati per riaverli davanti agli occhi una mezz'ora, ora spargo sulle loro fosse oscure una manata di mughetti fioriti sul mio cuore.
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