Accennai di no
- Sta attento. Con due colpi di martello.... uno, due. Togli via l'usciuolo.
- Hai visto? Adesso dammi ascolto. Cava un paio di secchie d'acqua, risciaqualo, vuotalo, buttacene dentro due altre secchie, allunga la mano coll'asperella e zin e zun e zun, fimo a quando ti pare di averne "sgroppate" le doghe interne. Quando ti pare di averlo lavato ben bene, risciaqualo di nuovo con dell'acqua pulita, rovesciane addosso all'esterno quattro o cinque altre secchiate per restringerne le fessure, poi con due dita di acqua fresca in fondo, giralo sul cerchio nell'altro cortile e lascialo dove non c'è sole. Questa operazione la ripeterai colla seconda, colla terza o via fino alla ventesima. Hai capito? Ma bada di non incantarti coll'asperella. E zin e zun e zin e zun e zin e zun! Il mio padrone, buon'anima, mi ha insegnato a calci che la lavatura dei vasi è la cosa più importante di tutta la fabbricazione. E zin e zun e zin e zun e zin e zun! Siamo intesi.
Mi lasciò stordito. Il zin e zun mi ballava la mattana nella testa. Io era ancora in grazia di Dio e non avevo la croce di un centesimo. Mi feci rosso fino alle orecchie ma non indietreggiai.
- Signor padrone, la mi faccia grazia di dieci centesimi che ho lasciato a casa il portamonete.
Non si volse, non mi guardò e forse non mi credette. Non importa. Me ne diede quindici.
- In casa mia non voglio che si patisca.
La mezza libbra di pane nel sobborgo costava in allora dodici centesimi. Aggiunsi per companatico tre centesimi di ciliege ammaccate.
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Dio
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