- Che cos'è per voialtri che avete niente da fare? Vi dò due o tre golate di latte appena munto e vi lascio dormire con me nella stalla. Si stà caldi laddentro.
Ma difficilmente trovava l'uomo.
La sera che fui libero, lo aspettai e mi offersi. Mi rispose mettendomi al posto del cavallo.
- Bada di tenermi la piazza tutte le sere.
- Figurati!
Alle sei uscivamo di porta, lui dietro colla "sanguinetta" in mano, io davanti colle stanghe. Lui zuffolava delle ariette popolari o cantava a perdita di voce; io gli tenevo dietro spesso facendo nel suono il contrabasso, nel canto il basso profondo. Quando era in vena, ci fermavamo alla Cascina dei Pomi a bere un cicchetto di "bionda." Ci mettevamo la goccia sul palmo, una fregatina e in viaggio. Il "bagol" non lo prendevo che quando avevo la cascina del ventre vuota. Il succo del fondaccio di tabacco, mi nutriva. Quando giungevamo, lui se la svignava dietro la siepe con una contadinella che doveva essere sua amante, e io mi mettevo nel sacco e mi allungavo sulla paglia che serviva all'indomani di sternitura alle bestie. Davvero, dormivo da principe; caldo come un gattuccio raggomitolato. Alla mattina, cioè no, verso l'una, mi chiamava col manico del tridente. Sù, dormiglione. Mi sgonfiavo di latte che mi passava nel canale come olio sulle piaghe infiammate, mi aggiogavo e l'"addio, mia bella, addio" a due voci spiegate, salutava l'amante e gli alberi che lasciavamo dietro le spalle. Passai così quattro o cinque mesi relativamente contento - quantunque non mangiassi che.
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Cascina Pomi
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