Entrò Giovanni ed io annunciai.
- Dinner is on the table.
Risero tutti, il cuoco compreso.
Il signore alto, di una eleganza corretta, che contrastava colla protuberanza del ventricolo, con due spalle robuste, prese posto in capo alla mensa.
La zia, floscia, dinoccolata, cascante, la testa calva alla superficie, il collo inghiottito dal busto, gli occhiali al naso, la bocca che beveva le labbra, in faccia a madama.
- Good, disse Monsieur alla prima cucchiaiata.
- Giorgio, dite a Giovanni di darvi il grattugiato per la zia.
La vecchia se la informaggiò ben bene dicendo fiocamente.
- Yes, It is very good.
Portai via le fiamminghe e Giovanni entrò col prosciutto. Le ostriche erano tutte pel signore. Se ne mandò nel pancione un paio di dozzine, facendo scoppiettare la lingua a ciascuna che trangugiava.
- Dite al cuoco di portar subito il "mutton" chè non vogliamo "salato."
Sparecchiai di nuovo e venne il cosciotto di castrato colla insalatina indivia, riccia venata biancastra. Notai che tutti e tre erano ghiottissimi del sangue di castrato. Se lo bevevano con delle aspirazioni di piacere. Mentre nessuno sapeva che farne del pane. La mollica. la spargaveno a pallottoline sul tavolo e in bocca non mettevano cha il dorato, il croquet. Comparve il pollo rosolato allo spiedo, fumante, odorante, che metteva il prurito al palato. Poi una sfilata di formaggio e una fruttiera gialla di albicocche, rossa di mele e di pesche, verde di pere e di poma cotogne, rifranto dal nero inchiostro d'una manata di ribes campeggiante nel mezzo.
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Giovanni Monsieur Giovanni Giovanni
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