L'acqua si alzava biancheggiando, sussultando, rompendosi sul marmo liscio, violentata dalla colonna ch'io faceva irrompere pompando disperatamente.
- Fate adagio Giorgio.
Chiusi istintivamente gli occhi.
- Debbo uscire, madama?
- Restate!
Me lo disse coll'imperiosità della signora che resta tale anche quando è nella teletta provocante. In piedi, i capelli lionati, giù disciolti sulle spalle paffute, l'esuberanza del seno nudata fino all'ombra del capezzolo, modellata nella vestaglia ricca di pieghe e di nastrucci di velluto bianco, le babbuccie scivolanti come due linguette.
- Basta, Giorgio.
Sturò una boccettina opaca, vi versò delle goccie che si discioglievano azzurreggiando il liquido e con un solo movimento di spalle restò lì nuda, senza arrossire, senza neanche pensare che io appartenevo all'altro sesso.
- Giorgio, ajutatemi.
Allungata fino alla cintola sul divano che strisciava il pavimento, mi porse i piedini che scalzettai.
Si immerse nella vasca bucando l'acqua senza urtarla, e vi si adagiò perdendosi fino al collo.
I capelli abbondanti, raccolti nella rete di seta rossa, poggiavano sullo zoccolo del bagno deliranti nel fulvo.
- Va a prendermi il caffè. L'ha fatto, la zia?
Ritornato, le asciugai leggermente le braccia roride e rubiconde e le diedi la chicchera.
- Dimmi, non hai mai veduto donne?
- Nossignora.
E mi avviluppò in una fiammata del suoi occhioni imbambolali di voluttà.
- Proprio, proprio?
- Proprio,
Nella tazza trasparente, leggera come un sospiro, baciata dalle sue labbra ardenti, vi lasciò metà bevanda.
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Giorgio Giorgio
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