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      - Vuoi tanto bene alla tua mammuccia?
      - Clara, le dissi lasciandomi trasportare, io ti amo!
      - Villano, mi rispose scacciandomi dalle sue braccia e balzando in piedi come una vipera. Impara, disse a sè stessa, a dar confidenza ai lacchè.
      Rimasi fulminato.
      Cercai l'uscio e uscî come cane santificato dallo scudiscio del padrone.
      Quale stranezza! Ma dunque l'affezione di madama era puramente materna? E io codardo l'ho abbiettata fino a credermi amato, fino a darle del tu, fino a infangarla del fango del suo servo, fino a farle sentire l'ingratitudine che si riceve a beneficare certa gente! O Giorgio miserabile, o Giorgio vile, o infame Giorgio, va, fuggi, che tu non sei degno neppure di guardarla, neppure di spazzare il tappeto che essa superbamente, romanamente calpesta.
      Invece di coricarmi, dispiegazzai la biancheria, i calzoni, i panciotti, le redingotes, allineai le scarpe, i cappelli, le cravatte, come se tutta quella panneria avesse dovuto passare sulla carretta dello stracciarolo. Seduto, in faccia a quegli amici dai quali stavo per separarmi, facevo delle tristi considerazioni sulla moria delle cose. "Tutto cede, tutto passa, tutto è morituro. Anche voi, ahimè! poveri amici, che mi avete fedelmente riscaldato, state per abbandonarmi!
     
     
     *

      * *
     
      La finestra spalancata lasciava entrare una brezza che assaliva il più della volte la candela - la cui luce, sfuggiva alla morte piegando. Impara, o Giorgio, e piega, mi susurrava una voce intima Ma i serpentelli della ribellione mi si dibattevano nelle vene e il sangue agitato correva bollente al cervello.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





Giorgio Giorgio Giorgio Giorgio