Il tempo imbronciato lo imbronciava fino a parlare di suicidio. Se in uno di quei terribili quarti d'ora si fermava sotto alla finestra un organetto, si sfogava stracciando il primo libro che gli capitava sotto mano - avesse avuto nome Cicerone, Omero, Svetonio, Virgilio o Senofonte. Accusava il più delle volte la questura dei suoi malanni. "L'iniqua questura che imprigionava la pitoccaglia innocua e lasciava attorno la miseraglia che seccava maledettamente gli organi." Qualche volta faceva risalire l'incuria o l'indulgenza fino ai deputati. "Animalacci zotici - liberalonzoloni boriosi dei miei stivali."
Umile, paziente, disinteressato con tutti, non sapeva darsi pace che io guadagnassi trentacinque lire al mese, mentre lui, dottore in belle lettere, non ne buscava che trenta.
- Lamentati, lamentati, mi diceva stralunando gli occhi. Io che mi sono frustato il cervello col Forcellini, sui testi greci e latini, per insegnare alla borghesaglia i classici, guadagno cinque lire meno di te. In giornata tutto è affarismo. Un ragionatello - uno che sappia un po' di calligrafia - la dote degli asini - valgono assai più che un professorone che abbia sudato sui polverosi in quarto e in sedicesimo venti anni.
- Ed è giustizia, mio caro. Il ragionatello ed il calligrafo - rappresentano in società due valori. Tu invece e i tuoi colleghi un non-valore. Vale a dire che appartenete al numero dei rosicchianti, dei parassiti, degli assorbenti.
- Segui anche tu la china del secolo e verrai su un bel tomo.
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