- Venga un po' qui. Le piace il cioccolatte? Prenda questa tavoletta che le aggiusterà lo stomaco.
Poi adagino, adagino, tirava fuori dal cassetto un certo scartafaccio ingrommato d'inchiostro. Che mi faceva venire la pelle d'oca.
- Senta come "cantavo" a diciotto anni; che versi facevo ai venti!
Era per me un supplizio dal quale non mi potevo sottrarre che lasciandomi ingozzare di ottave sdentando il suo cioccolatte. Il debole, era per una sua tragedia in cinque atti e in versi martelliani. I personaggi parlavano non meno di mezz'ora per ripresa.
- Che le sembra di questi versi?
- Splendidi.
- Ella mi vuol fare un complimento.
E dicendomi questa frase mi spiava con quel suo occhio di lince.
- Le giuro che non celio. I suoi versi suonano e creano ad un tempo.
Mi stringeva affettuosamente la mano e mi dava una altra tavoletta di cioccolatte.
- Grazie giovanotto, avete dell'intelligenza.
Un dopopranzo fu meco più crudele. Negli uffici avevamo ventidue centigradi.
- Lo chiama il signor Bergalli.
Aveva gli occhiali sur un quaderno gualcito e giallo ai margini orecchiuti.
- Che cosa desidera signor ragioniere?
- Ma se glielo detto di trattarmi in confidenza? Diavolo, siamo o no colleghi? Le pare che io sia superbo? Me lo dica, non faccia complimenti. Si sa, alcune volte le cifre fanno ammattire. Ho del burbero, lo so. Ma mi creda, ho anche del cuore. Senta. Si ricorda quando le ho parlato di un certo mio lavoro in vernacolo sulla "Cometa del 13 giugno 1859" del quale piangevo la perdita da anni parecchio?
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Bergalli
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