- Sì, no, mi pare di sì; ah sì, sulla cometa!
Alla mia risposta la faccia cartapecora del buon ragioniere si colorisce e prende un'aria da ispirato.
- Indovini dove era? Gliela do in mille. In mezzo ai miei componimenti liceali. Mi doleva proprio. Non è mica un capolavoro. Ma sa, quando si sente a dar del poeta a quell'asino di Picozzi - un versaiuolo sversato - un bufonchione che vorrebbe a volte avere lo scudiscio di Giovenale e a volte la dolcezza del Grossi, senz'essere nè l'uno nè l'altro, si può uscire anche noi - lumache che han veduto una volta il sole. Vuole che gliela dica tutta, intera la mia opinione su questo poetastro pellagroso?
- Dica.
- Per me non è che un fondaccio della intelligenza altrui.
- Ma via, che cosa le ha fatto questo signor Picozzi?
- Niente. Ha avuto l'imprudenza di scrivere roba da chiodi su una mia poesia in versi sciolti. Un canto patriottico che sentiva è vero del Mercantini, ma del quale non c'era neppure una strofe. Cane! E poi senta come so verseggiare in vernacolo, io.
Che la me disa on poo, sciora cometta,
che la fà tant frecass, tant balardee,
e la fà trottà innanz i soo trombettaQuatter mes, anzi cinq prima de lee.
Cossa gh'ala de nœuv sulla carretta?
- Scusi, ma non potrebbe leggermela domani. Ho due minute fitte, rifitte del signor segretario....
- Ascolti almeno questo distico.
Guerra, famm, terremot, pesta, bolletta,
O quai alter pastizz cott in l'asee?
- Superbi!
*
* *
A poco a poco la confidenza era diventata tale che cassiere e veterinario non facevano colazione che sul mio tavolo - un vero piazzale dove ci si poteva adagiare a digerirla senza toccare i piatti.
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