Erano due leccardoni. Il cassiere, mangiando il risotto alla certosina, si lambiva parecchie volte i baffi e faceva sentire la soddisfazione del ventre con uno slac di lingua.
- Uh, questa costoletta è "passata!" Tonio, portagliela giù a quell'animale di cuoco e digli che io non mi chiamo Porco. Se la mangi lui.
Il veterinario invece, a tavola, era più flemmatico. Si puntava il tovagliolo cogli spilli, ripuliva la posata e si metteva gravemente all'opera. Sull'osso buco, vi lavorava come sul carcame di un cavallo e non lo lasciava se non dopo avergli succhiato ben bene il midollo.
- Tonio, va a prendermi due pesche. Sai che io le voglio con la peluria.
- E tre caffè. Giorgio, beve il caffè con noi?
Una mattina furono più generosi. Mi obbligarono a dividere la loro lauta colazione.
- Diavolo, ma lei è troppo selvatico. O vivere colla società o suicidarsi. Che ne dice dottore?
- Dico che ha fatto un errore. O come si fa a suicidarsi?
- Non mi faccia il purista quando ha sotto i denti del sodo. Risponda alla mia domanda: gli è vero che bisogna saper vivere o saper morire? Stare colla società o andarsene via?
- Ella mi dà dei problemi da sciogliere. Certo, che chi non vuol avere brighe, deve entrare da bon figliolo e sedere alla sua mensa. Ma non nego che si possa fare altrimenti. Tra noi ci sono dei partiti. E dico noi per parlare del complesso. Taluni dicono che si sta benone a che gli uomini fanno pancia. Altri invece affermano il contrario e non vedono che nero. Per questi la felicità, la virtù, la religione, la patria, la famiglia, l'amore non sono che bugiarderie inventate per gabbare.
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Tonio Porco
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