Ora le spese di "trasferta" che ammontavano quasi sempre dalla due alle trecento lire, mangiavano tutto. Quando il medico bestiale andava alla cassa colla nota delle spese, Gigi mandava mille accidenti.
- Ma se non ho più denari? Lei fa bello lei! Io seguito a pagare e non riscuoto mai. Creda, glielo dico, il mio forziere non è il pozzo di S. Patrizio.
Un giorno siamo stati sorpresi dalla rivoluzione. I più grossi creditori si diedero convegno negli uffici per provocare l'assemblea e verificare i registri. Tonio, mano mano che venivano, gli immagazzinava nel mio stanzone il quale pareva trasformato in una fiera di bestiame. Quando non ci furono più scranne sedettero sul tavolo.
- È tempo di finirla di menarci per il naso!
- Perchè si continua a far gli atti contro i "morosi" se la società non paga un centesimo?
- Bisognerebbe cominciare a mandare a spasso tutti questi mangiacarte.
- Canaglie! Mi hanno fatto pagare le due mila lire semestrali, venti giorni prima che mi morisse la "stalla rossa" e non mi hanno restituito un centesimo. Ma l'avrete a che fare con me dovessi vendere l'ultima vacca, dovessi!
- Io parlo chiaro. Qui si truffa.
- Io sono più spiccio. Denunciamoli all'autorità giudiziaria. Se si mette in prigione un povero diavolo che ruba un marengo, perchè si devono lasciar fuori queste birbe in marsina?
Il conciliabolo diventava sempre più caldo.
- Guardate, sono già le dodici e mezzo, ma l'ingegnere "marameo!"
- L'è minga on coijon, l'è.
Io copiavo e tacevo. Tuttavia sentivo che si soffocava.
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Gigi S. Patrizio
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