Il padre un bel giorno si sentì dire dal prete della parrocchia: ohè, Santino, perchè non fate imparare a leggere e a scrivere Luigi e Gaetano? St'altro anno li ammoglierete e non sapranno scrivacchiare il loro nome. Guardate i figli di Luraschi che è meno ricco di voi? Fra qualche mese li vedremo avvocati del comune.
- Avvocati fin che volete, ma poveri diavoli. I miei ragazzi, evvia.... Il danaro ripara tutto.
- Non sempre Santino. Col denaro non si va in cielo.
- Si starà in terra, don Giovanni. Ma in coscienza se vi ordino trenta o quaranta messe, non me le dite?
- Si sa!
- Dunque? Non siete voi che mi avete detto che tornano tutte in favore delle anime nostre?
- Si sa!
- Dunque? Ma non voglio contraddirvi don Giovanni. I miei figli hanno del ben di Dio e possono sapere quello che non sa il loro padre. Io ho vangato e loro studieranno. Non avreste voi un maestro?
- L'ho.
- E allora mandatemelo, che Dio vi benedica. Datemene una presa e che la sia finita.
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Ho conosciuto don Giovanni e mi trovo contento. Che cara persona! È un prete che non somiglia punto alla moltitudine. Ha più dell'uomo che del prete. Il pio linguaggio fluisce al cuore come benefica rugiada. È caritatevole, buono, affabile. Il suo pane è di tutti. Consiglia, eccita, rianima. Prega coi peccatori, piange cogli afflitti, ride coi buontemponi e saluta l'ultimo dei paesani col miglior garbo del mondo. Per lui la religione è una fase ma non la vita. "Perchè, mi diceva, far sciupare tanto tempo alla povera gente, se il primo dovere di ogni bon cristiano è di accudire ai bisogni della famiglia?
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