Qualche volta, finita la lezione e usciti gli scolari, egli mi si faceva vicino colla scranna, incavallava le gambe e cogli occhi sulle calze a bracheloni, mi domandava: Non vi pare che i miei due non siano i più intelligenti?
- Mi pare. Tutto voi, mio caro Santino.
- Tirava fuori un bottiglione e due bicchieri e li riempiva.
- Dopo tanto chiacchierare avrete sete. Bevete. Alla nostra salute.
- Alla nostra.
- Mio padre, buon'anima, mi convinco che era davvero un asino. Se mi avesse fatto studiare! Lo sento qui nella testa. Capisco che sarei diventato qualcosa. Vedete, da quando ci venite voi, quanti mesi? Otto mesi? Ebbene, in otto mesi, ascoltando e vedendo scrivere sulla lavagna, so già leggere le insegne. Ieri ho fatto strabiliare il sindaco: ho letto in un momento, senza pensare, lì per lì come niente fosse: osteria del Cappello.
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Non voglio il rimorso di aver taciuto una pagina del cuore. Un amore in quella condizione finanziaria? Così è miei cari. Dopo miledy, venne la sartina della scuola di madam Blaquer.
Quando mi spedavo collo scatolone e mi ci trovavo in mezzo al gruppo di quelle giovani che sbocciavano rigogliose, e si sviluppavano direi quasi sotto ai miei occhi, non mi era mai passato per la mente di farmi un'amante. Ero troppo umiliato. - Giorgio, la mia colazione - Giorgio, fammi bagnare la zuppa. - Come si fa, le dicevo, a mangiare la zuppa una ragazza come lei? - Discendere colla tazzina, entrare nel bois, attraversare la strada col fumo che sale e sale e pare che dica ai passanti: guardate! guardate chi passa!
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Santino Cappello Blaquer
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