Ma il quarto d'ora più superbo della passeggiata era quello che godevamo seduti in mezzo a una boscaglia, all'ombria di non so quante pinete. Lontani da ogni rumore, involati alla gente, con un turbine di pensieri che non usciva dalla sua celletta, col sangue animato che bolliva, ci smarrivamo l'uno nella bocca dell'altra. Adele moriva durante quella confusione di aliti. Rovesciava su le pupille e dava, perduta, all'azzurro del cielo l'azzurro de' suoi occhi. Oh Adele, oh Adele, tu eri mia e tuttavia ti ho perduta. Anch'io sai, ti avrei dato dell'oro e ti avrei regalata la casuccia, in fondo al bosco, in mezzo al verde, in margine al lago.
Adesso tu sei ricca e passi via altezzosa come se le carezze prodigalizzate ti fossero un rimorso.
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Che canaglia! Vi ricordate quel mio repubblicanone avvocato, che mi iniziò nei misteri dell'alcova? L'ho avuto tra le mani lungo tutta la passeggiata di sei miglia. Ho meglio, ho avuto in mano il suo cervello. Un cervello che mi sono deliziato a frugare, a scuotere, a interrogare, a schiaffeggiare, a svillaneggiare, mentre il polverio bianco, ardente, leccato dal sole, si levava dietro ai carretti, ai birocci, ai veicoli che insolentemente passavano. Oh che canaglia, che canaglia! Il suo libro non è che un arruffato, sconclusionato, abborracciato, sgrammaticato pastone di lettere. Un imparaticcio mal cucito - rimpolpettato di frasi e di figure e di pensieri sfacciatamente rubacchiati attraverso i campi altrui.
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Adele Adele
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