Che ladrone, che ladrone! Me lo sono riveduto con quelle sue fedine che vorrebbero listargli il petto, con quel dondolio che vorrebbe parere distrazione, ninneggiante nelle sue scarpe musicate, colle sue mani lunghe, asciutte, cadaveriche come la sua faccia vaiolata, malamente impersonato, rifatto su in tutta la sua tronfia boria. Quanta morale in questo sottaniere, in questo mogliaiuolo, in questo invidioso piagnulone infarcito di plebeismo puzzuleggiante di borghesismo incipiente! Oh sì, mi è venuto il prurito di darlo in pubblico come un pendaglio d'ipocrisia. Ma ahimè! non è questo il luogo. Qui attacco soltanto la voglia al chiodo della memoria, per crocifiggerlo nel terzo volume: in mezzo alla Borghesia.
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Questa mane ho fatto coi ragazzi un vero bagno di analisi logica e di coniugazioni e di segnacasi e di pleonasmi. Li ho imbotterellati di regole aride che provocano l'inappetenza e lo sbadiglio. Ho loro squadernato il ciarpame grammaticale. Più s'ingarbugliavano e più mi ci divertivo a spannar loro il sensualismo puotiano. In una semplice lezione, ho disfoderato loro tutto il bachettame che serve a mettere insieme i blocchi intellettuali.
- Sissignori, mie cari ragazzi. Il gerundio non è l'infinito come l'attivo non è il passivo. Oh che ne dice lei, signor Santino?
- Peuh!
- Per esempio: gli uomini desiderano il godimento. Passivatemi la frase. Non capite? Non vi ho già detto e ridetto che in questi casi il nominativo diventa ablativo, l'accusativo nominativo e il verbo della terza persona plurale dell'indicativo presente passa al participio col verbo essere?
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Borghesia Santino
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