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      Il ronzino era un povero malanno che chiamavano Lullo. Un Lullo piagato, magro, lercio, tassellato di mende e cicatrici, ma un vero buon diavolo. Non aveva la mania di correre, nč l'orgoglio di certe cavalle inquiete, nč la bizza d'inalberarsi per delle ombre che gli si spianavano sugli occhi macilenti. Zampava a tic tac, sviando i ciottoli, in mezzo al solleone che lo carbonizzava, la testa come un peso enorme,sbattendo tre volte al minuto le orecchie floscie contro le mosche che lo divoravano. Con Lullo si viaggiava sicuri. La sua carriera di Ebreo Errante gli dava su tutti i suoi simili delle superioritā incontestabili. Per lui non occorrevano redini. Appena sentiva un veicolo o un cic ciac di frusta o l'uh di un cavallante, sguerciava l'occhio e tirava fuori, radendo i fossi senza rovinare colla sacra famiglia. Di notte era un lanternino. Tirava via senza scapucciare, fiutando i precipizi e sterzando a tempo. Quanta pazienza e quanta intelligenza in quel martire della specie. I tre cani invece erano demoni stizzosi intolleranti. A ogni contadino che transitava, a ogni vetturale che minacciava loro il manico, a ogni collega che si sgolava per salutarli, si rizzavano sui garretti, increspavano gattescamente il mantello, puntavano il muso, sversavano le labbra e roteavano un'immane voglia di morsicare. Guai al monello che squadrava loro le pugna. Uno dietro l'altro come scolte in allarme, irrompevano dalla tettoia e si spingevano digrignando i denti, fino alla criniera intristita del povero Lullo.


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Alla conquista del pane
di Paolo Valera
Editore Cozzi Milano
1882 pagine 237

   





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