I mercanti sciorinavano le pezze di cotone, di percalle, di lana, di fustagno, l'una sull'altra, scoppianti nei colori vivaci e abbandonavano al vento le ciarpe, i fazzoletti e gli scialli frangiati e ricamati. Gli armandolati, i diavolotti di menta, i canditi spumeggianti il bianco del risucchio, in mezzo alle offelle, ai pasticci, ai panettoni, soprafatti dalle piramidali colonne del torrone di Cremona, apparivano annunciati da un vivaio di mosconi e da un non so che di rosolio. In fondo, sul piazzale, a fianco e intorno alla chiesa, cataste di carta color cioccolatte chiaro, carrettate di ruote di grana, sacchi di pane - il pane comasco! E il portico? Pieno zeppo di medaglie, corone, crocette, reliquie, agnusdei di argento, di ottone, di piombo, di stagno! Oh che babele, oh che babele! Dietro a tutti questi sornacchi benedetti, a questi scapulari, a questo formaggio, la famiglia dei pagliacci, dei saltatori, degli incantatori, degli imbonitori, imprigionati nei loro cerchi assegnati, gił sdraiati alla rinfusa, qua e lą scoperti, qua e lą nudi, attraverso i cani, le scimmie, gli orsi, le gabbie dei piccioni, degli uccelli ammaestrati, e tutto il bagaglio, compagno indivisibile di queste tribł nomadi che vivono in un mondo loro particolare, che percorrono lo stivale dall'orlo alla punta, senza sapere il nome di chi regna e pensa per ventotto milioni di abitanti. Tribł felici!
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Bastrini appena mi vide mi saltņ addosso con un calcio.
- Attingi una secchia d'acqua e dą da bere alla povera bestia, animalaccio!
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Cremona
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