Ma se i girovaghi avevano smaltita la loro scelpa (merce) e i saltimbanchi raccolta larga messe di trasia (moneta), la numerosa famiglia dei battistrada faceva sciambola (allegria). Il Coghetto, un ometto vispo, allegro, con tanto di cuore, metteva in tavola delle tegamate di risotto in cagnon (lessato e condito nel burro), delle scodellate di frittura di fegato di manzo, qualche volta dura come le suole delle scarpe e delle enormi polentate che scomparivano come palle in mano ai giocolieri. Fra noi, l'inappettenza era assolutamente sconosciuta. Si aveva sempre appetito per quattro. I boccali di vino, si succedevano mano mano che il benessere passava dal sangue negli organi muscolari e dagli organi muscolari nel sangue. E col vino, naturalmente, si sbrigliavano le lingue. Non credete mica che si facessero delle prediche filosofiche o che si dicesse male del prossimo. L'allegria in noi era naturale, spontanea, viva, arzilla, che balzava fuori vestita alla buona ma nostra, tutta nostra. Si facevano delle risate clamorose, larghe, che si dilatavano nella soddisfazione e passavano di bocca in bocca, attraverso sfilate di corbellerie, di facezie, di lazzi, scambiandoci la pacca, prendendoci per colletto, ascoltando "esempi" commoventi, lugubri, saporiti, che incantavano l'uditorio.
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Queste spanciate e queste storielle, non erano possibili che nelle grosse fiere dove conveniva quasi tutto il battaglione zingaresco. A Como, a Brescia, a Bergamo; qualche volta alla madonna di Caravaggio, qualche volta perfino a Iseo, a Lovere, alla gran fiera del bestiame.
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