- Va giù a farti prestare un catino di terraglia o un vaso qualunque. Glielo portai, vi versò la farina con un bicchier d'acqua, la frugò, la rimescolò fino a farla diventare morbida e col nero di Roma e l'olio di linosa, la convertì in un "levato" di lucido da scarpe.
- Adesso a noi. Sfido il Signore a farci stare senza pacchiatoria! Fatti portare dall'oste un paio di spazzole.
Portammo in Piazza il nostro tesoro, ne facemmo tante pallottole sur un'assicella e incominciammo a imbonire.
Signori!
Dopo il vapore venne il telegrafo, dopo il telegrafo il gaz. Ma poi? Le scarpe, o signori, come quelle che racchiudono i membri più utili del corpo umano, hanno desse mai seguito questo immenso progresso di vaporiere, di fili telegrafici, di illuminazione mondiale? No. Esse sono ancora all'arcavolismo. Voi le portate come il vostro bisnonno, come il vostro nonno, come vostro padre. Dure, secche, che tagliano la pelle, che fanno crescere i calli, che induriscono i mignoli come la scaglia di una tartaruga. Perchè o signori? Perchè o cittadini del Torrazzo, non si era ancora rivelato il Volta che doveva rendere duttile la pelleria più ribelle. Non ridete. Quale pila maggiore di questa che risparmierà d'ora innanzi di abbandonare le vostre dita al coltello di un inesperto che vi farà morire di tetano? Quale pila più grandemente grande di questa che vi permetterà non solo di calcare i sassi più guzzi, ma di sentirvi i piedini nel molle, al morbido come la mano di una fanciulla in un guanto a sei bottoni?
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