Pagina (21/313)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Luraschi aveva la mente affollata di materiale ma non aveva la calma per una concezione artistica. Scriveva e cancellava. Gli venivano fuori scene confuse, personaggi senza individualità proprie, pensieri che non si adattavano all'ambiente. Buttò via la penna e incominciò a vestirsi.
      Sotto il cielo tersissimo camminava bene e respirava l'aria fresca a larghi polmoni. Ma la mente non si distraeva. Passava dai monumenti della antica Palermo e della Palermo moderna, senza avvedersene. Non si fermò che dinanzi una fabbrica di maccheroni, perché c'era ressa di uomini e donne che andavano al lavoro. Ma non fu che una pausa. Alla Croce dei Vespri si ricordò della data famosa, leggendone la epigrafe:
     
      PER SECOLARE TRADIZIONEQUI FU LA DIMORA
      DI GIOVANNI DI SAN REMIGIOGIUSTIZIERE DI VAL DI MAZZARA
      IN NOME DI CARLO D'ANGIÒ.
      E QUI L'IRA VENDICATRICE DEL POPOLOCADEVA SULL'OPPRESSORE STRANIERO
      IL 31 MAGGIO 1282.
     
      Il verde cupo dei giardini smaglianti che rasentava, mentre dal Foro Italico si recava alla stazione centrale, non aveva maggiore potenza dei monumenti. Lo lasciavano indifferente. Per passare il tempo dovette cacciarsi in un caffè e leggere giornali e giornali fino all'ora della partenza.
      Mezz'ora prima egli era alla stazione centrale che passeggiava innanzi e indietro fumando una sigaretta dopo l'altra.
      Non appena spuntò dalla via in fondo Giovanni Tiraboschi, Luraschi gli andò incontro con il cuore allargato. Aveva bisogno di sentire la voce di una persona umana. Fino al suo arrivo non aveva conversato che coi fantasmi.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





Palermo Palermo Croce Vespri Foro Italico Giovanni Tiraboschi Luraschi