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      E se aggiungessi
      , saltò su a dire il procuratore generale, "che sono in lui le attività criminose di una intera generazione?"
      Parole, parole, parole! Voglio fatti, o egregi contraddittori
      .
      Ve li daremo!
      Li so a memoria. Mi direte ch'egli è stato un manutengolo di briganti. Ch'egli è stato in intimi rapporti con Nobile, con Valvo, con De Pasquali
      .
      Lo proveremo
      .
      Coi si dice!
      No, colendissimo amico mio! Non sono un calunniatore; non mi valgo dei si dice. Mi valgo del mio armadio. Io non starò quieto fino a quando lo avrò consegnato ai giurati come omicida. Lo so, lo so, nessuno lo ha mai veduto piantare il coltello nel corpo di un altro. Egli è un tipo più moderno. La sua vendetta non è quella del capobanda De Cesaris che strappa e mangia il cuore del suo nemico. La vendetta del Palizzolo è più lunga, è più covata, se posso così esprimermi. Egli è il Luciani, il Luciani che medita a lungo, il Luciani che prepara il delitto isolandosi da esso. Nella sua testa c'è l'ordine del crimine. Egli lo matura come un artista matura il suo capolavoro. Ma ormai la sua mano ha lasciato l'impronta sul cadavere. Gli indizii sono divenuti certezza. Egli è nelle mie mani e nelle mani di Tiraboschi. I questurini sono al suo uscio. Non abbiamo che da dire una parola: entrate! Perché egli passi dall'aria libera nella cella degli accusati
      .
      Egli è accusato di un delitto nero
      .
      Come quello di avere fatto assassinare il commendatore Emanuele Notarbartolo
      .
      Le guance rubiconde dell'Arrivabene scolorirono. Egli non era ancora convinto, ma le parole del procuratore generale gli avevano gettato nel cervello un dubbio feroce.


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





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