L'avvocato Alongi mi aveva fatto leggere una descrizione sulla vitaccia dei carusi nelle zolfare siciliane. Leggendo che lo scrittore era disceso nei pozzi accompagnato dai socialisti, credetti che il quadro che me ne faceva fosse carico delle emozioni e della tinta tetra di quest'ultimi. Non mi pareva vero che i siciliani così pronti alla vendetta, che sfregia o ammazza la donna che si dimentica di essere fedele, potessero poi essere così incuranti dei loro figli. Sapevo che la libertà che ha fame poteva rendere indifferenti o insensibili molte persone, ma i padri e le madri, via! non era neanche immaginabile. Ho dovuto ricredermi e confessare che la tavolozza dell'autore dell'articolo era assai povera di colori.
Io non sono qui a studiare la questione sociale. Io godo assai più a vedere una processione di ragazze che vanno colla brocca sulla testa o sui fianchi ad attingere l'acqua che a vedere una torma di cenciosi. Ma il quadro dei carusi mi aveva impressionato e non mi avrebbe lasciato tranquillo che dopo avere avuto modo di dare il mio giudizio.
Sono andato un po' lontano. Ma ciò che ho veduto nelle zolfare di Favara e di Cianciana non è mai stato portato in piazza da nessuno. Adesso non ho tempo. Ma quando sarò tranquillo sulla scranna di casa mia o della redazione del giornale che rappresento, voglio commuovere e far piangere l'Italia intera. Mi pareva di essere in un istituto di rachitici. Dico male, mi pareva di essere all'inferno. C'era dell'ospedale e del girone dantesco.
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