Tutti sapevano che Villabate era il focolare della mafia, come tutti sapevano che i registri di pubblica sicurezza davano un totale di duecento quarantasette pregiudicati. In nessun altro comune la mafia ha spiegato le sue ali poderose come in Villabate.
Occupiamoci della inchiesta. Voi eravate lì per venire al Chetta."
È proprio lui che ha rivelato i tre nomi al Bortolani. Il Chetta è di Villabate, è mafioso, è pregiudicato e ha la casella giudiziaria piena di un po' di tutto. Ora sconta la condanna per
fabbricazione e spendita di biglietti falsi." Il ritratto non è migliore di quello del Bortolani. Ma la sua confidenza vale un tesoro. Negli incartamenti di questo delitto c'è nulla di più importante e di più grave. Egli, prima di essere ghermito, era stato a Tunisi - divenuto il rifugio dei nostri latitanti - e là aveva udito tutti i particolari dell'assassinio".
Messo a confronto col Bortolani, il Chetta ha dato fuori come un facchino ed ha negato recisamente di avere mai fatto i nomi confidati dal Bortolani al direttore delle carceri. Ammise solo di avere parlato del delitto come si parla di avvenimenti che fanno impressione
.
Mafioso, ha negato. Ma noi abbiamo le confidenze delle guardie carcerarie invitate dal Bortolani a origliare mentre loro due riprendevano la conversazione sullo stesso soggetto. Fontana, Garufi e Carollo sono nelle nostre mani. Il nostro convincimento non ondeggia più come il fumo della mia sigaretta. La nostra coscienza è tranquilla. Voi siete colpevoli, voi siete i tre scellerati che hanno tramata e compiuta la distruzione di un uomo che avete precipitato dal treno.
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