Pagina (133/313)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      A certi individui bisogna andare col calcagno sulla testa come si fa colle biscie velenose. Sono nocivi agli altri. Nessuno gli avrebbe impedito di vendicarsi. Era anzi troppo giusto. Lo si aveva ricattato con i dovuti riguardi il dodici luglio mille e ottocento ottantadue, gli si erano fatte pagare cinquantuna mila lire ed era un suo diritto. Ma non era suo diritto di fare il boia, di consegnare nove persone, con moglie e figli, alla giustizia per una somma che non bastava a pagarne il pericolo. Non era il primo che subiva il sequestro della persona. Ce n'erano stati molti altri prima di lui e nessuno, che lui sapesse, s'era data la briga di denunciare i disgraziati che si guadagnano la vita come possono. Ci voleva un po' di compassione anche per i poveri diavoli, ci voleva. Il barone Sgadari, buon'anima, avrebbe potuto fargli da testimonio. Nel 1874 la banda Capraro lo raggiunse nelle vicinanze di Petralìa. Il grand'uomo era a cavallo e andava innanzi circondato dai suoi campieri sulle giumente che nitrivano. Il Capraro non era un assassino. Era un uomo che faceva i suoi affari. Colle persone educate era educatissimo. Gli andò di faccia e col cappello in mano lo dichiarò in arresto. Gli rincresceva, ma era il suo mestiere. I campieri se avessero voluto difendere il padrone, avrebbero potuto. Non vollero e fecero bene, perché sarebbe stato un fratricidio. Gli uni e gli altri erano della gente che si guadagnava il pane. Il barone si comportò benissimo. Non fece il birbone come il Notarbartolo.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





Sgadari Capraro Petralìa Capraro Notarbartolo