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      Aveva tentato con le buone e con le cattive di tirarlo sulla buona via, sciupando il suo tempo. Si credeva un signore e non c'era modo di fargli voltare indietro le maniche. Quella povera Costanza, se arriverà a sposarlo, dovrà passare del bel tempo. La compiangeva prima di vederli uniti.
      Perché non sei andato a lavorare?
      Cambiate l'antifona. È sempre quella, mamma! Non sapete che dirmi di andare a lavorare. Lavorare tutto il giorno, al sole, per pochi centesimi!
      Le si avvicinò e le disse:
      So tutto, sapete
      .
      Che cosa sai?
      Stanotte ho sentito tutto quello che avete detto. Lasciate fare, non abbiate paura, sto io a vedere
      .
      Andrea non aveva potuto lavorare. Era rimasto sul campo per parecchie ore senza servirsi né della falce, né della zappa, né del tridente. L'ora del passaggio del treno non era ancora in vista e lui era agitato come un ammalato cui fosse venuto il tetano. Subiva dei sussulti che lo impensierivano e lo lasciavano sfatto. Si riaveva e si metteva a correre come un disperato e si arrestava di botto, trafelato, tutto in sudore, con gli occhi stravolti, per riprendere la corsa e andare a sedere al margine della strada, vicino al ponte senza sponde, a cavalcione di un torrentello asciutto, dove aspettava che passasse qualcuno per discorrere e farsi passare la febbre che aveva indosso. Carlo Bosco, il mezzaiuolo che s'era fatto su la sua casetta col furto delle bestie, era riuscito a metterlo di buon umore con quattro chiacchere su la giustizia di questo mondo. Egli se l'era sempre cavata con l'umirtà.


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





Costanza Bosco