Erano abitazioni a due piani che consolavano con una fiatata di soddisfazione e disperdevano come un odore di freschezza paesana che dava l'idea che gli abitatori erano dei devoti alla dea Igiene. Rimanevo lì a bocca aperta, guardando i tetti pensili, colle grondaie che incanalavano la pioggia, coi comignoli svelti e verdi come l'erba dei prati, colle grandi finestre a due vetri che scintillavano e colle entrate spaziose dai pilastri di granito sbozzato, a due gradini lavati colla soda, terminate in alto con un arco acuto sormontato dal nome e cognome del capo della famiglia.
Al centro di questo labirinto sorgeva la Masseria, un ampio fabbricato a tre piani, con due portoni per i carri di entrata e di uscita, i quali mettevano nei cortili e conducevano ai granai. Sul largo del frontone erano incise in una lastra di marmo le parole che sintetizzano l'epoca evangelica: Pace agli uomini di buona volontà!
Venite innanzi, se volete vedere!
Non potevo movermi. Ne ero estatico. Passavo di maraviglia in maraviglia. Vedevo dappertutto la disposizione dell'agricoltore sapiente che aveva eliminato dalle abitazioni tutto ciò che è spiacevole alle nari e all'occhio. Il pollaio individuale era diventato il pollaio collettivo, là in alto, sul groppone di un promontorio che aveva il largo di un terreno chiuso dallo steccato. Le cisterne del letame erano a un tiro di fucile dalle abitazioni, a parecchi metri dalle stalle fatte a padiglione. Il lavatoio comune era sotto una tettoia di zinco lunga sessanta metri, coll'acqua che passava sollecitamente tra due sponde di pietra gramolata spioventi nel liquido.
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Igiene Masseria Pace
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