, disse il Filippella, dopo una lunga pausa, con la voce che sentiva della sguaiataggine.
La brutalità di Filippella procurò due amici al gobbo rimasto lì annientato. Lorenzaccio, lo spilungone magro come un chiodo, si toccava i peli della barba pisciosa e biasimava la petulanza del curatolo che si credeva il deputato. Domenico, coi denti in fuori come mastino, accarezzava i gnocchi del suo bastone a biscia, dicendo che si ricordava ancora di averlo veduto andare per le montagne con lo stomaco pieno di vento, cercato dai carabinieri.
Addio, Filippella
.
Oh, addio, sindaco. Siete dei nostri, lo sapete. Vi si aspetta. Sarà qui a momenti Prestazia con Francesco del fu Pasquale, vostro amico. Quello è un uomo, sapete. Senza di lui non si sa come la sarebbe andata. Un pugno suo rompe il cranio in due, Dio sagrato. C'erano due o tre che volevano fare il bulazzo coi nostri elettori. È andato loro sopra come una mazza. Ce ne fossero degli uomini come quello
.
Il sindaco approvava colla testa senza entusiasmo. Chiuso nella sua giacca verde, colla fascia smunta intorno ai calzoni e gli stivali su fin al polpaccio, si scusava che un uomo solo non potesse far tutto. Al Comune le ore gli andavano via come una candela di sego accesa.
Senza di voi la festa sarebbe come senza vino. Ci sarà anche il nostro deputato. Fate però come volete. Ciascuno è giudice delle proprie azioni. Antonio, prendi anche queste che sono del vino vecchio del padrone. C'è su tanto di muffa, la vedete Andrea?
Il sindaco era perplesso.
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