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      Gli occhi accovacciati nelle pareti orbitali assottigliate erano protetti da una tettoia leggermente arcuata e piena di peli. L'orificio inferiore delle fosse nasali lasciavano scoperto un margine sanguinoso e ripugnante. La cavità boccale mostrava i denti fino agli alveoli, come se la natura gli avesse negato la sua parte di copertura carnosa. Si avvicinava al mostro e destava in Luraschi la repulsione che si prova nel museo delle sfigurazioni umane.
      Un altro bicchiere per Alfonso Domenico di Salvatore. I miei complimenti. Sei stato bravissimo. Non c'era bisogno che tu nascondessi quelle poche schede buttate nell'urna dai nemici del nostro Comune, perché tu hai veduto che maggioranza. Ma hai fatto bene a sopprimere completamente anche la speranza di una rivincita a certi porci come i Lumella, per esempio. Ah, se non fosse perché bisogna contentare un po' il mondo, saprei io come mettere a posto certa gente che mena la lingua un po' troppo. E quell'altro loro compare del macellaio che fa il gradasso col coltellaccio dei buoi nella cintola anche quando va in piazza? Sacro dio, non mi chiamerei Filippella se avessi paura di quell'uomo ciccioso che le mie mani saprebbero fare in due. Ti venga il malanno, e perché mi parli di politica, oggi? Non abbiamo vinto e stravinto? E di che cosa ti lamenti? Saladino, dagli da bere. No, grazie, non ne bevo altro. Con un altro, sarei obbligato a sbriacarmi sul letto
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      Alfonso Domenico era quello che si chiama un tocco di carne di collo. Era un mafioso di una crudeltà indicibile.


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





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