Moviti, marmittone. Vino, vino, non lasciate mancare il vino
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È duci lu vinu, ma assai cchiu duci è lu sangu di li cristiani
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Luraschi stette per lasciar cadere il fiasco. Era egli cameriere di un'associazione di malfattori come quella che esisteva nella provincia di Girgenti? Chi aveva parlato era il Jaddetto Giovanni, la cui testa grossa e acuminata rivelava il sanguinario. Spalancava la bocca e ingoiava senza quasi masticare, inaffiandosi sovente lo stomaco con dei bicchieri di vino.
Chi c'era?
domandò lui al Cerrito che gli stava vicino.
Bella questa.
Non c'era più dubbio. Erano l'interrogazione e la risposta degli associati girgentini.
Te ne ricordi?
Se me ne ricordo!
L'abbiamo scappata bella
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Sono venuto a sapere il nome dello spione
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Se l'ho ammazzato, io?
Chi? L'Urbanini di Palermo che ci aveva denunciati tutti?
Lui, in persona. Ci eravamo giurati durante il processo che chiunque fosse stato assolto avrebbe vendicato gli altri. È toccato a me questo incarico, e l'ho compiuto con piacere. Si è fatto aspettare più di tre mesi, perché aveva paura di andar solo. Ma mi è capitato una bella mattina sullo stradone che svolta dove non ci sono più case e va via rasente la caverna Diova. Non gli ho lasciato dire una parola
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È la mano fraterna
, gli ho detto, "che ti colpisce". E lo lasciai là morto come un cane.
È duci lu vinu...
E tutti e due fecero chin chin co' bicchieri e li vuotarono di un fiato.
I commensali incominciavano ad ammansarsi. Non inghiottivano più colla voracità di prima. L'immenso entrecote al sugo, portato in tavola nella cazzeruola per conservarlo caldo, colorito dal fuoco lento, faceva gola a tutti.
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