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      Le botteghe dell'itinerario eran tutte chiuse e le case lungo le quali percorreva, manifestavano il cordoglio degli abitanti col panno nero e colle bandiere a mezz'asta e con delle ondate di donne e di uomini che accorrevano come per dare il vale ultimo all'uomo che incarnava in quel momento la virtù cittadina, l'onestà cittadina, l'onore cittadino. Tutti i partiti erano rappresentati, affratellati, trambasciati. Lo sfilamento delle bandiere sotto il palco dove era il mezzo busto del commendatore Emanuele Notarbartolo in piazza Castelnuovo durò più di cinquanta minuti. Durante questa funzione non si sentiva che il tramestio dei piedi delle associazioni che giravano per curvare i loro vessilli. Si lacrimava. Ho veduto non pochi coi fazzoletti agli occhi. Ho veduto molta gente che piangeva e molte signore turbate, scolorate dall'emozione.
      Non cito i nomi delle notabilità del corteo perché dovrei riempire di nomi parecchie pagine. Ma non posso dimenticare il duca della Verdura, che tutta la gente guardava come se fosse stato uno scandalo. Ma perché? Che cos'era? Che cosa aveva fatto? Ah, era un nemico di Notarbartolo, un amico di Palizzolo! e la moltitudine diceva che avrebbe fatto bene a starsene a casa.
      Giunti al cimitero, entrammo nel viale principale e ci fermammo a sinistra della tomba gentilizia di Notarbartolo, sulla quale il comitato depose una corona di bronzo.
      L'impressione fu indimenticabile. Quando si vide che il Principe di Camporeale stava per parlare il silenzio divenne sepolcrale.


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





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