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      Uomini perversi mi hanno reso malvagio e feroce. Fui condannato a 21 anno di galera innocente, a 21 di galera per un mancato omicidio che non avevo commesso, senza alcuna ferita!
      Evaso dal carcere ero accompagnato da intenzioni benigne come la vergine mia giovinezza, quando la forza pubblica squinzagliata dietro di me mi prendeva di mira come si prendon le belve feroci.
      Allora assalito d'una furia infernale non maturai altro che sentimenti di vendetta contro i vili spergiuri che col rovinare me avevano rovinato le speranze della mia famiglia ed affranta la tarda età del mio povero padre!
      Rispetto l'onore ed il lavoro degli altri. Ho sorelle anche io, ed alla vista delle giovinette, invaso da una specie di sacro terrore, mi inchino riverente avanti la beltà; operaio e figlio di operaio amo coloro che sudano sui campi da mane a sera a produrre la ricchezza sociale, invidiandoli, perché la sventura non più mi permette portare il contributo delle mie braccia.
      Avrei potuto massacrare mille volte la forza pubblica, ma compiango tanti poveri giovani che, senza odio, sono esecutori di ordini.
      Il Governo col mettermi una taglia di cinque mila lire non ha fatto altro che aumentare le vittime.
      In questa settimana ho commesso un omicidio e due ferimenti, e questi ultimi per effetto della taglia.
      A Giuseppe Angelone di Roccaforte lasciai la vita perché padre di sette figli, al giuda Iscariota di Antonio Princi, gliela lasciai perché non mi riuscì.
      Incontratomi col carabiniere, l'uccisi perché aveva posto mano alla carabina, ed ho immerso una famiglia, che non conosco, nel lutto; oggi piango anch'io con sua madre; ma doveva salvare la pelle.


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L'assassinio Notarbartolo o le gesta della mafia
di Paolo Valera
pagine 313

   





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