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      Protopopof, il ministro dell'interno che si era rifugiato alla reggia come un fattucchiero dell'occultismo, faceva sollevare i tavolini, interrogava lo spirito di Rasputin perchè rivelasse all'imperatrice i nomi dei suoi assassini. Furono queste rivelazioni per cui alcuni presenti alla scena vennero esiliati dallo Czar, anche quando tutta la parentela delle vittime si prostrava e giurava sulla loro innocenza. "Sire, noi tutti, che sottoscriviamo questo foglio, vi chiediamo ardentemente con istanza di mitigare la Vostra severa decisione riguardo Dmitri Pavlovic. Sappiamo ch'egli è ammalato, profondamente depresso. Voi che siete il suo tutore sapete quale amore profondo per Voi e la nostra Patria abbia sempre nutrito il suo cuore". Sua maestà ha respinta la lettera di tutti i firmatari con questa nota scritta di suo pugno:
      Nessuno ha diritto di occuparsi degli assassini. So che la coscienza di molti non è tranquilla, poichè Dmitri Pavlovic non è il solo che sia implicato in questo affare. Sono sorpreso della supplica che mi rivolgete. - Nicola
      .
      Dopo una simile risposta i granduchi non si fecero più vivi a Corte. Il granduca Nicola Mikhailovitc, cugino dell'imperatore e padre di Dmitri che aveva avuto il giuramento dal figlio che le sue mani non erano state imbrattate del sangue di Rasputin si è trovato chiuso l'uscio in faccia della reggia. Il piccolo padre non aveva tempo di riceverlo. Fu solo quando erano per l'aria i rintocchi dell'impero che il 28 febbraio Alessandra Feodorovna lo fece chiamare d'urgenza a Corte.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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