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      - Andate subito al fronte - gli disse -. Cercate di condurre soldati che ci siano devoti. Bisogna salvare il trono a qualunque costo. Esso è in pericolo. - Il granduca, il più liberale della risma, non volle prestarsi. Egli sapeva che ormai era inutile. L'impero non aveva soldati devoti che per la rivoluzione. Più tardi la massima mondana della reggia lo fece richiamare. Il granduca non ne volle sapere. Il manifesto che concedeva la costituzione al popolo russo era stato redatto nella notte in casa sua. Era inteso che esso doveva essere firmato da lui, dallo Czar, dal granduca Michele e dal granduca Cirillo, marito di una donna che aveva avvertita la czarina che l'impero era nel braciere popolare. Fu lei, la grande duchessa Vittoria che mostrò alla vituperevole donna di Zarkoie-Selo che anche i nobili erano nel movimento di liberazione. Alessandra Feodorowna se ne indignò.
      - Io sono sul trono da 22 anni - disse - e conosco la Russia. So che il popolo ama la nostra famiglia. Chi oserà levarsi contro di noi?
      Ritorniamo al manifesto. Sottoscritto venne inviato alla Duma. Malgrado questi trambusti che sarebbero bastati a turbare una popolazione, l'imperatrice non sapeva che andare alla ricerca del cadavere del suo adorato Rasputin, il quale aveva consigliato Nicola di sciogliere, come venne sciolta, la Duma.
      Le esequie del maiale erano avvenute il 19 dicembre, due giorni dopo la sua uccisione. Gli agenti di pubblica sicurezza lo hanno portato a un ospedale involto in un pezzo di tela e legato da una corda.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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