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      Il sovrano si rimise subito in viaggio per Zarkoie-Selo. Giunse a Pskov il 14 marzo alle otto di sera. Alle due di notte fece sapere ch'egli era disposto a fare delle concessioni. Scrisse un manifesto in questo senso. Troppo tardi. Rodzianko, presidente della morente Duma, glielo fece sapere attraverso l'ordigno auricolare. Troppo tardi! Per lui non c'era più che l'abdicazione. Lo Czar si dichiarò pronto a ubbidire alla volontà del paese. Lo Czar non domandava che la presenza di Rodzianko. Il presidente aveva altre cose da fare.
      Gli giungevano invece due delegati: Giulghin, deputato e Gutckov. È quest'ultimo che narra:
      Quando entrammo nel vagone imperiale vi trovammo il barone Fredericks, ministro di Corte, e un generale sconosciuto. Poco dopo apparve lo Czar Nicola. Ci salutò piuttosto amabilmente e ci invitò a sedere. Il Comitato della Duma gli aveva chiesto di assistere al colloquio. Gutckov espose la situazione. Non nascose nulla. Teneva gli occhi bassi per dissimulare la sua emozione e parlare più agevolmente. Terminando disse che la sola via d'uscita era l'abdicazione dello Czar in favore di suo figlio Alessio. Lo Czar con voce quasi calma rispose:
      - Ho riflettuto. Gli avvenimenti d'oggi mi hanno deciso all'abdicazione, ma non posso separarmi da mio figlio. Vi propongo in sua vece mio fratello Michele.
      I due delegati si consultarono e riapparvero.
      - Non abbiamo il diritto di immischiarci nei vostri sentimenti di padre. Inoltre il piccolo imperatore ricordando sempre i suoi genitori, potrebbe nutrire sentimenti ostili contro coloro che da essi lo avrebbero separato.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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