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      Invece!
      Kerenski era mite e proteggeva i delinquenti con la mitezza. Cito un altro fatto imperiale della arrendevolezza e della benevolenza e della tenerezza del grande Ministro. La gente cercava nell'aria la testa di Nicola. Non le pareva possibile che ci fosse della clemenza per l'uomo che aveva legiferato fino all'ultimo giorno con la mitragliatrice, con i cosacchi dalle lance lunghe e con i gendarmi bordati di rosso, come ditte di spargitori di sangue. Kerenski era pił legale della legge. Ai rimproveri dei Soviets rispondeva come un gentiluomo sordo alle incitazioni. Non si poteva demolire tutto in una volta. Cromwell era Cromwell. Distanziava di parecchi secoli. Cromwell aveva abbattuto anche le folle, anche i paesani. In Russia non c'era legge per abbattere i sovrani. C'era la violenza, non la legge. I nichilisti avevano assassinato Alessandro II e si capisce. Hanno scontato il loro delitto. Volevano la rivoluzione e la reazione li ha schiacciati. Lui, Kerenski, non voleva circolare per la posteritą come il pił rosso dei giacobini russi. Ma i membri del Soviet della capitale e i membri dei Soviets delle provincie insistevano e minacciavano di rovesciare il Ministero provvisorio, il quale, dopo sei mesi, non aveva ancora osato interrogare le masse elettorali per paura di rimanere a sua volta sul campo della disfatta.
      Lo Czar e la sua famiglia, dopo l'abdicazione del 15 marzo 1917, non erano stati scomodati. Vivevano nello stesso fasto imperiale. Nicola, abdicatario, era giunto a Pietrogrado, circondato da una scorta militare che aveva avuto per lui il rispetto dell'antico regime.


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La catastrofe degli czars
di Paolo Valera
Libreria Editrice Avanti Milano
1919 pagine 125

   





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