Potete immaginarvi la presenza di questi arnesi dell'assassinio legale. Si vedono e il sangue si capovolge. Il governo provvisorio invece di allontanarli come ha allontanato lo Czar, ne faceva arrivare parecchie compagnie. In Pietrogrado questi uomini dai diciotto ai venti anni, tiravano, aggredivano, caricavano. I massimalisti venivano fugati a colpi di nagaika, di palle dei fucili a tiri rapidi e dalle lance banderuolate di nero. I rivoluzionari non fuggivano. Da una parte e dall'altra morti e feriti. All'indomani giungevano altre compagnie di cosacchi di 500 uomini ciascuna. Arrivati in una piazza dove erano i vittoriosi della decadenza dinastica, scaricarono qualche revolver. Ne nacque una terribile effusione di sangue. Cosacchi e rivoluzionari non esitavano a rincorrersi a colpi di fuoco. La piazza era seminata di cadaveri. I governativi vollero fare ai cosacchi le esequie statali. I Soviets allibirono. Si ritornava all'antico regime. Intorno alle bare c'era tutto l'apparato scenico borghese. Preti e stole, acquasanta e croci e bandiere a lutto alle lance dei cosacchi. Dodici orchestre si succedevano con la marcia funebre, dolcezza che immalinconiva i passanti. Le colonne della basilica di S. Isacco erano in gramaglie. La cattedrale formicolava di gente statale. La piazza era piena di soldati a cavallo. In alto, nella cupola, la campana suonava a funerale. Comparve nella piazza, davanti le bare, Kerenski. Grande meraviglia dei sovietisti. In piedi, sopra un largo tabouret, egli dominava le moltitudini del recinto a cancelli aperti.
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